Ci sono giocatori, nella storia della NBA, che hanno qualcosa che quasi ti costringe a innamorarti di loro. Ne è un esempio il personaggio  di cui andremo a parlare che è senza ombra di dubbio uno dei migliori 10 non americani che abbiano mai calcato un Parquet NBA.

Siamo in Argentina, in una città, Bahia Blanca, che aveva sempre attirato immigrati, in gran numero italiani. Nasce il 28 luglio del 1977, nell’anno successivo all’inizio della dittatura militare di Videla, Emanuel David Ginobili, discendente di Italiani e nato in una famiglia in cui si mangia pane e pallacanestro. Papà Jorge allena una piccola squadra cittadina e Manu, perché così viene chiamato, si innamora del gioco, nel mito di Micheal Jordan, che negli anni della sua infanzia domina la NBA.

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Esordisce nel campionato Argentino a 19 anni con l’Andino Sporting Club, prima di essere acquistato dall’Estudiantes, squadra della sua città natale. Dopo due ottime stagioni in Italia si rendono conto che il ragazzo ha un discreto talento e la Viola Reggio Calabria lo firma. Gli basta un anno in cui viaggia a 18 punti e 3 palle rubate di media per trascinare i suoi alla promozione in Serie A.

In tutto questo, il 30 giugno, si svolge il Draft NBA e i San Antonio Spurs osano e lo scelgono alla numero 57. In quel momento, probabilmente, nessuno ne è al corrente, ma stiamo assistendo a una delle più grandi Steal della storia del Draft. Il ragazzo però non vola oltreoceano e rimane a Reggio dove scrive un’altra pagina della storia portando la Viola, da neopromossa, fino alla semifinale scudetto. Il talento di Ginobili è ormai affermato, e qualcuno comincia ad accorgersene anche nel mondo NBA. Se ne accorge sicuramente la Virtus Bologna che lo firma per renderlo il cambio del fenomeno Sasha Danilovic, che però si ritira a sorpresa, lasciando a lui le chiavi della squadra.

Le due stagioni successive sono fra le più alte mai viste a livello italiano e europeo. Ginobili è un mix di atletismo, tecnica e un genio smisurato, caratteristiche che insieme alla mano sinistra fanno di lui un giocatore immarcabile. Conclude il biennio in Italia con 1 campionato, 2 coppe italia, 1 eurolega e i rispettivi titoli di MVP.

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All’età di 25 anni i tempi sono maturi e Ginobili vola in NBA per giocare con i San Antonio Spurs. L’impatto con la lega non è facile, perché Manu è un giocatore talentuoso e si affida molto all’istinto, mentre il suo allenatore, Greg Popovich, predilige un gioco ordinato e poco estroso. Popovich, che è sicuramente uno dei più grandi allenatori di sempre, ridimensiona il suo gioco e dona all’argentino l’intelligenza tattica che gli mancava.

Dopo aver vinto un titolo al suo primo anno e essersi guadagnato il posto da titolare nel secondo Manu vince ad Atene l’oro Olimpico trascinando la sua Argentina con prestazioni di livello superiore, prima fra tutte quella da 29 punti e 4/6 da 3 nella semifinale in cui vennero sconfitti gli Stati Uniti di Allen Iverson e dell’amico Tim Duncan.

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La stagione 2004/2005 entra di diritto nella storia perché Ginobili spiega pallacanestro a molti dei suoi colleghi americani, vince il titolo NBA giocando dei PlayOff incredibili a una media di 20.9 punti e 5.8 rimbalzi. E’ il parere di molti che l’MVP delle Finals di quell’anno sarebbe anche potuto essere di Manu e non di Duncan.

El Narigon, come viene soprannominato per il suo naso, da quell’anno in poi si afferma come uno dei più esaltanti giocatori della NBA, vince un titolo di Sesto Uomo Dell’anno, 4 titoli NBA e l’immagine simbolo della sua carriera è una incredibile schiacciata a una mano in faccia a Chris Bosh all’età di 37 anni durante le Finals vinte nel 2014.

Chris Bosh, Manu Ginobili

Manu Ginobili è l’unico giocatore della storia del gioco ad aver vinto un titolo nazionale, un titolo NBA, una eurolega e una medaglia d’oro alle olimpiadi. Credo che basti questo per raccontare la classe e la voglia di vincere di uno dei giocatori più divertenti che la NBA ci abbia regalato negli ultimi anni.