Ai Lakers è in atto, evidente e riconosciuto da tutti, un profondo cambiamento: i gialloviola, quest’anno, sono infatti (insieme a Philadelphia) non solo la squadra che ha più rookies a libro paga (4), ma anche il team che, sommando i loro minuti di impiego, complessivamente li ha tenuti in campo più a lungo (93). Dalle parti di El Segundo, si sarebbe deciso di dare vita a un nuovo corso, puntando sui giovani e sfruttando gli ultimi anni (o forse meglio dire minuti) della gloriosa carriera di Kobe Bryant per fare da chioccia a questi rampolli talentuosi.

Tutto questo sulla carta: il “Black Mamba” in realtà, più che dare consigli, sembra impegnato in una lotta contro i propri acciacchi fisici e i giovani, su cui Mitch Kupchak ha deciso di puntare, stanno, al momento, rendendo quasi tutti al di sotto delle attese.

Partiamo dal più noto al grande pubblico, ossia D’Angelo Russell. Scelto con il numero 2 al Draft dello scorso anno, a lui i Lakers hanno affidato immediatamente le chiavi della regia, sperando (evidentemente) che fosse più maturo, o quantomeno che esplodesse una volta iniziata la regular season. Probabilmente condizionato anche dalle eccessive aspettative su di lui, invece, il playmaker da Ohio State in 11 gare giocate (273) ha prodotto 9,5 punti, 4 rimbalzi e solo 2,7 assist di media, tirando non benissimo dalla lunga distanza e soprattutto dando l’impressione di dover ancora capire bene dove sia finito.

Nance

Visti i problemi del proprio numero 1 a prendere in mano la situazione, Los Angeles spesso ha impiegato nel suo stesso ruolo anche Marcelo (per tutti Marcelinho) Huertas, rookie alla veneranda età di 32 anni (il più vecchio quest’anno): per lui, in 7 partite giocate (90 minuti), 3,3 punti, 2 rimbalzi e 3 assist (più del suo ben più giovane pari ruolo) di media, ma anche, in diverse situazioni, una gestione parecchio problematica di alcuni possessi (1,4 palle perse a gara, Russell 1,5) e, in particolare, una difesa sul proprio uomo avversario spesso impresentabile.

Non se la cava meglio Anthony Brown, ala da Stanford scelto dai Lakers alla 34, che, viste le 3 sole apparizioni in campo nelle prime 11 gare della stagione, è stato spedito in D-League presso la squadra affiliata ai gialloviola (i D-Fenders), dove avrà sicuramente un minutaggio e un ruolo più importante e dove certamente avrà la possibilità di migliorare il suo gioco.

Nance

A rapporto, a questo punto, manca solo Larry Nance Jr: scelto al primo giro dai Lakers alla 27 e figlio di Larry Nance Sr. (15 stagioni NBA tra Phoenix e Cleveland e 3 volte AllStar), l’ala da Wyoming, alla cui pick molti hanno storto il naso, in realtà ora si sta rivelando una delle poche (e sorprendenti) note positive di questo inizio stagione per Los Angeles. Nance Jr, infatti, ha impressionato per la sua energia su entrambi i lati del campo, per la sua ottima applicazione difensiva (ha un defensive rating di 96,4 punti su 100 possessi, uno dei migliori della squadra tra i giocatori con impiego superiore ai 15 minuti) e per un efficace tiro in sospensione con cui è riuscito più volte ad aprirsi il campo.

Ma, nonostante la regular season sia iniziata già da quasi più di un mese, il suo nome viene ricordato ancora da tutti per la maestosa schiacciata su Festus Ezeli in preseason contro Golden State (partita vinta 85-70 in tre quarti).

Quel gesto di pura e paurosa atleticità è ancora negli occhi di tutti e sicuramente ha aiutato Lance amettersi sulla mappa” e a costruirsi un nome e un’etichetta, che non fossero legati esclusivamente al padre. Il quale, per la verità, è noto anche (se non soprattutto) proprio per gesti simili, visto che vinse il primo Slam Dunk Contest della storia nel 1984.

E allora, visto che quella schiacciata è difficile da scordare e visto che poi si è riuscito a ripetere (con decisamente meno punti esclamativi) contro i Pistons il 15 di novembre, è stato chiesto a Lance che ne pensasse di un’eventuale partecipazione alla gara delle schiacciate di quest’anno, rispondendo che certamente “sarebbe bellissimo”.

Siamo convinti che la combinazione di verticalità e salto, unita alla sua coordinazione e alla sua potenza, potrebbe certamente dar spettacolo in una manifestazione del genere e potrebbe rappresentare per i tifosi gialloviola uno dei pochi motivi di interesse (e forse di festeggiamenti) per seguire l’All-Star Weekend, che quest’anno si terrà all’Air Canada Center di Toronto.

La curiosità quindi di vederlo all’opera c’è, i rumors di una sua partecipazione ci sono e si fanno sempre più insistenti… e chissà allora che non sia veramente l’anno buono per rivedere di nuovo un Laker nella manifestazione più spettacolare dell’All-Star Saturday (l’ultimo fu Shannon Brown nel 2010) e per ottenere, magari, quella vittoria che manca dall’edizione del 1997, dove a trionfare fu un giovanissimo… Kobe Bryant!