La stagione NBA 1979/80 è passata alla storia non solo per aver visto il debutto tra i professionisti di tali Bird Larry e Johnson Earvin a.k.a Magic, ma soprattutto per la più grande innovazione del gioco da quando Naismith decise che togliere il fondo al cesto di pesche avrebbe fatto guadagnare non poco tempo: viene introdotto, infatti, il tiro da tre punti.

Nella season preview del New York Times, l’innovazione viene presentata come una nuova trovata della Lega, probabilmente destinata ad essere dimenticata entro pochi anni: il coach dei Suns, John MacLeod, sostenne che sarebbe stato utile nei finali di partita, ma che di certo non avrebbe fatto schemi per portare i suoi a tirare da 7 metri, considerandolo un tipo di basket “noioso”; anche il leggendario Red Auerbach si mise contro il tiro da tre, considerato inutile.

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Ad ogni modo, tra mille critiche, il tiro da tre venne introdotto, ed al Garden di Boston, durante la opening night, Chris Ford fu il primo giocatore NBA a vedersi assegnare 3 punti sul tabellino in una volta sola: era la prima tripla della storia NBA. Comunque sia, il nuovo tiro non fu molto utilizzato dalle squadre sin da subito, tanto che – durante il primo anno – nessuno squadra tentò più di 3 triple a partita.

Col passare del tempo, però, le squadre NBA si sono accorte che in effetti poteva essere un vantaggio il nuovo tiro, se usato nel modo giusto. In questa stagione, la media di tiri da tre tentati è di 23.7, dei quali 8.3 vengono convertiti, con una percentuale quindi del 35%, che vede gli estremi nel 42.3% degli Warriors e il 30.9% dei Lakers.

Proprio Golden State sembra essere la squadra ad aver interpretato meglio la filosofia del tiro da tre: con 29.9 tentativi a partita, il 34.3% dei loro tiri provengono da oltre i canonici 7.25m, e grazie anche a giocatori come Curry e Thompson, questi vengono convertiti con una percentuale di gran lunga (gran, gran, gran lunga) superiore al resto della Lega (basti pensare che la seconda squadra che tira meglio ha un 36.5%, quasi 6 punti percentuali in meno!).

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Proprio Curry, nella scorsa stagione, che lo ha visto vincere il premio di MVP, ha messo a segno 286 triple, battendo il record appartenente a se stesso nella stagione 2012/13, ed ancor prima a Ray Allen con 269 nel 2005/06. 286 triple segnate sono un numero maggiore di quelle tentate da ogni squadra NBA, tranne 5, durante la prima stagione della linea da tre punti. In questa stagione, Curry ha già messo a segno 196 triple in 41 partite; a fine anno sarà probabilmente il primo nella storia a raggiungere quota 300 e, con un po’ di costanza, giocando ogni partita, potrebbe arrivare anche ad una irreale cifra di 400 triple segnate in una stagione.

Curry, con i suoi Golden State Warriors, è probabilmente l’apice dello svilupoo del tiro da tre nella NBA. Sembra impossibile fare meglio, e probabilmente lo è, anche per un fatto puramente statistico e matematico: per quanto una squadra possa tirare bene, è difficile che nel corso di una stagione arrivi al 50%; basta pensare proprio a Curry & Co.: guardando le loro partite, sembra che non sbaglino mai dalla lunga distanza; in realtà tirano con “solo” il 42%. Più si alza il numero di conclusioni e più le percentuali si abbassano. Anche se il tiro da tre offre la possibilità di guadagnare il 50% di punti in più con un solo tiro, questo è pur sempre da più di 7 metri (o poco meno nei campi FIBA) e, a meno che la vostra squadra non sia l’Italia durante la semifinale delle Olimpiadi 2004 contro la Lituania (18/28 da tre), è molto difficile riuscire a convertire più della metà delle triple tentate. E, quindi, sempre meglio tener fede a ciò che dice il vostro allenatore ad ogni singolo allenamento di ogni categoria: meglio 2 punti sicuri che 3 potenziali, anche se probabilmente Steve Kerr non si trova d’accordo.

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Amato o odiato, croce e delizia del basket, il tiro da tre è in ogni caso una parte fondamentale del gioco offensivo di qualsiasi squadra. Che sia ben costruito con una buona circolazione, inventato dal palleggio, tirato in fretta e furia allo scadere dei 24, scagliato da centrocampo o di tabella, tornare in difesa vedendo l’arbitro con le mani al cielo sventolando i tre è sicuramente una delle sensazioni più belle del basket e uno dei motivi che ci fanno dire “This is why we play”.