Nelle ultime stagioni, tranne rare eccezioni, coloro i quali hanno vinto il premio di MVP della stagione regolare poi non hanno vinto il titolo. Le eccezioni? Jordan nel 1998, Shaq nel 2000, Duncan nel 2003 e LeBron James nel 2012 e nel 2013. La lista degli MVP che poi non sono riusciti a fine playoffs a mettersi l’anello al dito è lunga e prestigiosa: Karl Malone, Iverson, Duncan, Garnett, Nash (2 volte), Nowitzki, Bryant, James, Rose e Durant.

Per alcuni l’anello è rimasto un sogno, altri sono ancora alla ricerca della terra promessa mentre altri ancora dopo aver vissuto il sapore amaro della sconfitta, hanno anche gustato quello ben più inebriante della vittoria. L’MVP della stagione 2014/2015 Steph Curry vorrebbe essere inserito nell’elenco più ristretto, quello di coloro i quali sono stati i migliori giocatori della stagione regolare e poi anche quelli delle Finals.

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Ma i suoi Golden State Warriors, dati dalla maggior parte degli addetti ai lavori favoriti sui Cavs per l’anello sono sotto 2-1 ed hanno mostrato limiti e difetti nelle ultime due partite come mai successo prima in stagione nonostante le assenze nelle fila dei Cavs. Che succede a Curry ed ai suoi compagni? Forse nulla, forse è solo King James che è troppo forte. D’altronde quello che sta facendo il prescelto sta entrando nella leggenda.

Punti, rimbalzi, assist sta letteralmente trascinando la squadra senza contare che lo sta facendo senza Irving e Love. Dovesse vincere il titolo sarebbe un’impresa di quelle epiche, che forse lo metterebbero in cima tra le prestazioni più leggendarie delle Finals. Proviamo ad immaginare grandi stelle del passato trovatesi ad affrontare il palcoscenico della finale senza i loro fidi scudieri.

June 7, 2015; Oakland, CA, USA; Cleveland Cavaliers forward LeBron James (23) reacts during the 95-93 victory against the Golden State Warriors in game two of the NBA Finals at Oracle Arena. Mandatory Credit: Bob Donnan-USA TODAY Sports

E’ come se Russell avesse dovuto fare a meno di Cousy, Bird di Parish e McHale, Jordan di Pippen e Rodman o Bryant di Fisher e Pau Gasol. Certo Love ed Irving al momento non hanno ancora diritto di cittadinanza di essere paragonati a questi grandi giocatori del passato che, seppur come secondi o terzi violini sono stati decisivi per le vittorie delle loro squadre, ma quello che sta facendo LeBron era obiettivamente impensabile.

Tornando a Curry ed ai Warriors le difficoltà che stanno incontrando sono inaspettate per una squadra che ha vinto 67 partite in stagione regolare mostrando a tratti un gioco entusiasmante. Il momento della verità potrebbe essere, anzi è vicino perché gara 4 rappresenta lo spartiacque tra il tornare al timone della serie o affondare definitivamente.

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Dovessero andare sotto 3-1 sembra difficile pensare che i Cavs, anzi LeBron, possa perderne tre di fila. Steve Kerr proverà a cambiare qualcosa come si è già visto in gara 3 dove David Lee ha avuto spazio e minuti per aiutare l’attacco stranamente asfittico dei Warriors. Ma tutto passa e passerà da Steph. Ma, se il titolo non dovesse arrivare non si può dimenticare ciò che ha fatto Curry quest’anno.

Ha 27 anni e le opportunità per vincere l’anello probabilmente non mancheranno in futuro ma questa è l’opportunità. Da non sprecare, da non fallire perché nello sport e nella vita non sai mai cosa potrà accadere ed arrivarci da favoriti, dopo una grande regular season, con il vantaggio del fattore campo e con gli avversari rimaneggiati potrebbe non capitare più. E’ ancora lunga, anzi lunghissima ma per Curry ed i Warriors gara 4 sembra essere  quella del dentro o fuori, quella dell’ora o mai più…