J.R. Smith al termine di Gara-3 vinta per 120-90 dai Cleveland Cavaliers, se ne stava in conferenza stampa al fianco di LeBron James con la professionalità e la serietà di chi sembra averne affrontate mille di battaglie come quella che da poco si era conclusa sul parquet della Quicken Loans Arena.

Come se i 20 punti messi a referto fossero quasi uno standard, come fosse abitudinaria routine. Dall’espressione, dai modi di fare, dalla sicurezza ostentata con quale risponde, sembra sia stato lì in quella situazione almeno decine di volte. Facendosi scivolare addosso tutte quelle critiche che lo hanno riguardato per anni, J.R. Smith sembra completamente un altro giocatore da quando è sbarcato in quel di Cleveland.

“Sento che la mia storia sarebbe stata diversa se avessi avuto la possibilità di giocare con Bron quando avevo 18 anni”, ha detto Smith. “L’ho pensato innumerevoli volte.”

E a 18 anni ne aveva la possibilità concreta: LeBron era stato scelto alla 1 dai Cavaliers nel Draft 2003, l’anno successivo J.R. si rendeva eleggibile per il Draft. Alla Gund Arena – l’ex Quicken Loans Arena – ha partecipato per un paio di settimane ad un workout proprio per i Cavs, che inizialmente avevano intenzione di chiamarlo con la loro 10° scelta. Poteva essere un discreto sparring partner insieme a LeBron, col suo dinamismo e il suo tiro. Il workout andò bene, Smith si abituò pure all’idea di rimanere a Cleveland ma, nel momento decisivo della scelta, i Cavaliers virarono su Luke Jackson per la maggiore esperienza.

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“Non sono arrabbiato per la mia carriera, sono solo arrabbiato per come il mio nome è stato trattato. Non c’è nulla che possa fare al riguardo. Ho provato a cambiare la mia immagine un milione di volte.”

Ci sono state le incomprensioni, le sospensioni, i litigi con i coach, le feste, i problemi fuori dal parquet. La carriera di Smith è stata scandita da tutti questi fattori e, spesso, viene ricordato solo per quanto fatto senza la palla da basket in mano. Ha visto tanti suoi colleghi negli ultimi anni firmare contratti al massimo salariale o comunque a cifre decisamente elevate, come ad esempio il suo attuale compagno Iman Shumpert, 40 milioni di dollari in 4 anni. Per J.R. i telefoni non erano però così caldi.

“Il mercato stava impazzendo, voglio dire che era ridicolo. Così tante persone pagate così tanto. Ho iniziato a guardare me stesso nello specchio ed ero come, ‘Accidenti, sono davvero quello che tutti dicono che io sono? Sono davvero un cancro?’ Avevamo appena ottenuto le finali la passata stagione: io non ho suonato il mio corno, ma pensavo di aver avuto un ruolo importante in questo”.

Dopo una lunga estate, rifirma coi Cavs per un anno ma senza garanzie per il secondo a circa le stesse cifre di prima – 5 milioni e mezzo di dollari. È stato un colpo duro, in particolare per il suo ego. Ma il fatto di essersi stabilizzato con la sua ragazza Jewel, il fatto di aver lavorato tanto su sé stesso e, soprattutto, sua figlia Demi hanno avuto un ruolo fondamentale nella crescita di JR. Il fatto di avere delle certezze, delle sicurezze alle spalle hanno permesso a J.R. di far ritorno nell’America che conta dopo l’esperienza in Cina dal 2011 al 2012, di continuare a lavorare sul suo gioco lasciando da parte tutte le critiche che lo hanno perseguitato per tutta la carriera.

“Ho sempre parlato di giocare una buona difesa ma non l’ho mai fatto. Mi sono sempre detto ‘Se ho giocato bene in attacco, ho fatto un buon lavoro. Quest’anno ho deciso di voler invertire il senso di marcia: ‘Se gioco bene in difesa, allora ho fatto un buon lavoro’. Così ho iniziato a guardare video di giocatori difensivi come Tony Allen. Ho visto un sacco di film di di Kobe Bryant quando era più giovane a guardare quello che ha fatto con le sue mani, coi suoi scivolamenti sul parquet. Anni fa non avrei mai fatto una cosa simile. Prima di quest’anno, se mi facevano delle domande su dei blocchi o su dei tagli backdoor, sarei stato tipo ‘Uhm cosa?'”.

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Nel corso della stagione, il coach dei Cavs Tyronn Lue ha definito J.R. Smith il miglior giocatore difensivo della squadra. Shumpert, nelle idee iniziali di Cleveland, doveva essere la guardia tiratrice in quintetto, ma ha finito per lasciare il posto proprio a Smith, con Lue che non può fare a meno della sua consistenza e concretezza.

E arriviamo alla conferenza stampa post Gara-3, in seguito a quei 20 punti segnati e all’estenuante difesa su Klay Thompson, tenuto a 12 punti di media a poco meno del 37% dal campo. Sarà questa, dunque, l’evoluzione definitiva di J.R.? Un giocatore affidabile cui dare un minutaggio e un ruolo importante anche in gare di finale, pienamente conscio delle sue capacità? Sarà dunque l’ora di cambiare l’immagine che si porta dietro da anni, di guastafeste e combinaguai, lasciando il posto ad un nuovo J.R.? Le promesse fatte a sé stesso stanno avendo i loro frutti.