Dal momento in cui Kevin Durant lasciò lo stato dell’Oklahoma, mai più, dalla maggior parte dei tifosi, fu considerato come leale, ma anzi come traditore e venduto. Tutto ciò è stato certamente sbagliato poichè il fine primo di questo gioco è quello di vincere, e Durant, haters permettendo, ha avuto tutta la legittimità del caso di poter adempiere ad una scelta di un certo tipo: quella di vincere, appunto.
E Durant ha vinto. Durant ha avuto ragione, perchè voleva vincere, ed era arrivato ad una svolta nella sua carriera per cui poter pretendere la vittoria. Nulla però può fungere da giustificazione per un fatto appena accaduto 48 ore fa, in cui Durant ha svelato un suo lato, ad oggi, sconosciuto, per cui non vale comunque la pena di insultare. Tutto ciò che si può dire è quello che va a coincidere con le parole di KD, che ha usato per scusarsi, ma non giustificarsi:
“Sono stato immaturo”
Di certo tutto il mondo NBA e Social ha potuto constatare la sua immaturità, che solo in una circostanza come questa, rimarrà tale per sempre. Questo poichè un personaggio pubblico, quale è Durant, così come qualsiasi sportivo e non di fama mondiale, non può permettersi di essere coinvolto in “piccolezze” di questo genere: avere un account fake per poter rispondere ai fans più polemici ed aggressivi. Il fatto di non essere in grado di non saper non rispondere a questo tipo di “tifosi”, rappresenta un grande limite per un personaggio pubblico che dovrebbe essere il primo a “stoppare”, non inteso nel senso strettamente cestistico, polemiche e critiche attraverso risultati e un comportamento esemplare, che comunque Durantula ha sempre, forse non per questa volta, tenuto fuori dal campo.
Un tifoso ha chiesto in maniera del tutto retorica a Durant se un titolo possa bastare per lasciare un posto come Oklahoma City, che di certo non si fa desiderare dal punto di vista turistico, ma che lascia sempre un ricordo felice per come la gente proprio lì possa aiutarti nei momenti difficili di una qualsiasi vita comune. La risposta è stata questa:
“A Durant non piaceva l’organizzazione, giocare per Billy Donovan. Il suo roster non era di livello, c’erano sono lui e Russ”
Tutto tranquillo se questo non l’avesse scritto Durant con il suo stesso account, quando è chiaro che non ha usato la terza persona per dare un senso più aulico ad una risposta così puerile e riduttiva, bensì per postarlo in un account falso, come da lui stesso ammesso. Durant ha inoltre definito quelli che sono ormai ex compagni di squadra e ex amici, come incompetenti, utilizzando anche il termine “Cats”, gatti.
Di certo, l’era social ha già da qualche tempo influenzato la NBA e tutti i suoi componenti, facendo palesare più volte lati “oscuri” e immaturi di altri giocatori. Qualcuno si ricorda di D’Angelo che filmò Swaggy P durante una discussione per nulla inerente al basket? Tra l’altro lo stesso D’Angelo in uno spot pubblicitario finì per consigliare a tutti i rookie di non utilizzare in maniera eccessiva gli smartphone, risolvendo così eventuali problemi. Così ha fatto anche Kanter che ha detto:
“Basta con Twitter, giochiamo semplicemente a basket”
Lo stesso Kanter, che in Oklahoma ha trovato una casa, un popolo e un rifugio per scappare dalla sua crudele Turchia, ha detto riguardo l’ingenuità di Durant:
“Non ha mai polemizzato con l’organizzazione o con noi compagni, ma ora questo ci è dispiaciuto, è stato irrispettoso. Hai vinto il titolo e il premio di MVP delle finali, non c’è motivo per questo genere di cose. Se sei Kevin Durant non fai queste cose.”
C’è poi chi ci scherza su come Joel Embiid che, sempre in terza persona e sempre sul suo account, ha affermato di essere migliore di Michael Jordan.
La cosa però che rimane certa è che per un professionista, prima di tutto, bisogna lasciare che siano l’onestà di ciò che si pensa veramente e la serietà a prevalere, anche a costo di risultare duri, ma sopratutto, Kanter docet, giocare a basket.