Per volare esistono trampolini, pedane, pertiche per il salto con l’asta, aeroplani negli immensi cieli blu degli Stati Uniti, e poi c’è un corpo che resta sospeso in aria con la sola forza delle gambe che non appartiene ad ogni uomo, che non è programmato per funzionare sulla testa di chiunque, perchè questo corpo dal 17 febbraio 1963 appartiene unicamente a Michael Jordan.
Quel gesto atletico antigravità è il simbolo iconografico della leggenda più grande che la National Basketball Association abbia mai plasmato in tutta la sua storia. Un uomo per il quale la sua bravura era inferiore solo alla fiducia in se stesso.
Tanti sono i momenti che mettono nero su bianco le potenzialità di questo atleta, tant’è che definirlo tale sembra quasi riduttivo: emozioniamoci dunque a ripercorrere alcuni episodi della Soap Jordan & Nba, perchè, purtroppo, sarà difficile rivedere sul parquet azioni del genere.
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20 aprile 1986: 63 punti ai playoffs
Jordan ha 23 anni ed è alla seconda stagione NBA. Al primo turno dei playoffs, i Bulls incrociano i travolgenti Boston Celtics, guidati da Larry Bird. Gara-2 è parecchio tirata e si finisce al supplementare, addirittura doppio. Jordan segna 63 punti un record che ancora resiste per quanto riguarda i punti in una partita nelle postseason.
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NBA Finals 1992: Chicago Bulls vs Portland Trail Blazers
35.8 punti di media, 62% dal campo: se Dio avesse potuto avere nella sua ultima cena Michael Jordan, certamente avrebbe cambiato idea sul fatto che fosse l’ultima… per l’intera gara gli spettatori non fecero altro che bisbigliare in maniera cauta, quasi a non voler disturbare il gioco. Con gli occhi spalancati e attoniti tutti osservavano questa sorta di Uomo Volante attraversare il campo da un’estremità all’altra, scagliandosi a canestro ogni volta, facendo credere che fosse l’ultima, illudendo che la fine fosse arrivata, battendo il pugno per aria ogni volta che: “ciaff”, quel suono spettacolare risuonava tra gli applausi di grandi e piccini.
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NBA Finals 1996: Chicago Bulls vs Seattle SuperSonics
Una gara non proprio facile, giocata per 42 minuti fissando gli occhi degli avversari di Gary Payton, Shawn Kemp e Detlef Schrempf e che ha portato Michael ad avere una delle sue “peggiori” performance, anche se l’Onnipotente si tiene a debita distanza dal volare basso: una media di 27.3 punti, ed il 41,5% del campo…
… questo è stato per Jordan avere una giornata no!
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NBA FInals 1998: Chicago Bulls vs Utah Jazz
Uno dei momenti più memorabili della sua carriera è il suo tiro in gara-6 della serie finale con gli Utah Jazz. A 5 secondi dalla fine, Jordan si libera di Bryon Russell, uno dei migliori difensori di Utah, e infila i due punti del sorpasso definitivo, regalando ai suoi Bulls il sesto titolo in otto anni. Dopo quella partita, Jordan decise di ritirarsi per la seconda volta, salvo tornare nel 2001.
Non chiedeteci se c’è altro, se questa storia finisce qua, perchè sapete benissimo che non è così: quando c’è di mezzo Michael Jordan si fa quasi fatica a scrivere e a discutere, perchè le parole non rendono, il vocabolario è quasi riduttivo e ogni superlativo risulterebbe solo giusto e non sarebbe idoneo a descrivere la grandezza di un uomo che incarna tutt’ora il simbolo più rappresentativo della Pallacanestro.