Timeout

TIMEOUT | DeMar DeRozan: un supereroe atipico

Da un'infanzia molto complicata alla lotta contro la depressione, sempre inseguendo quel sogno chiamato anello...

Alberto Pacini
15.05.2018 16:27

Toronto, 1 gennaio 2018.

L'NBA, si sa, non si ferma mai. Per questo motivo, anche in questa gelida sera di capodanno, Raptors e Bucks sono pronte a darsi battaglia. I due team sono tra i più divertenti della Lega: Toronto che con le splendide stagioni di Lowry e DeRozan aspira al primo posto di conference, e Milwaukee che forse per la prima volta vede finalmente un approccio di squadra intorno ad Antetokounmpo.

Il match inizia, ma dobbiamo aspettare solamente due minuti e mezzo per trovare la prima interruzione. DeMar DeRozan inizia fortissimo e segna 7 punti nel parziale di 9-0 che costringe Jason Kidd a richiamare i suoi subito in panchina, chiamando TIMEOUT!

Nessuno di noi vorrebbe essere nei panni di Giannis e compagni, consci di andarsi a prendere una bella ramanzina dopo l'inizio shock in campo. Ben altro è l'umore sulla panchina Raptors, dove i giocatori si scambiano spallate e sorrisi. L'unico che non partecipa ai festeggiamenti è in realtà l'unico che dovrebbe farli visto il suo inizio di partita, ma ormai ciò non sorprende nessuno ed anche i compagni di squadra rispettano saggiamente la sua concentrazione.

Stiamo parlando ovviamente del numero 10, DeMar DeRozan, noto a tutti per il suo atteggiamento apparentemente distaccato e pensieroso. Dando un'occhiata al suo passato però, ci rendiamo conto di come la sua storia racconti come questo suo carattere scostante nasca da esperienze di vita piuttosto segnanti.

E' l'agosto del 1989 quando la signora Diane dà alla luce il suo primogenito. Tutto ciò avviene a Compton, e questo ci dà immediatamente un'idea dell'infanzia travagliata del piccolo DeMar. Il motivetto tra le strade della contea losangelina è sempre il solito: spaccio, pistole e tanta paura. In queste situazioni generalmente sono i genitori, spesso le madri, a far sì che i propri figli non imbocchino le strade della malavita, cercando di garantirgli un futuro fuori dal ghetto.

Purtroppo non è questo il caso della nostra storia, in quanto DeRozan si vedrà scivolare via dalle braccia la madre quando ancora era in culla. Il lupus è una malattia, di cui ancora non sono chiare le origini, che colpisce organi come cuore, polmoni o reni e che in pochissimi casi può risultare anche mortale. In pochissimo tempo colpisce e toglie la vita a mamma Diane, lasciando orfano il figlio di due anni.

Questa tragedia lo segnerà a tal punto da farlo poi diventare il più grande esponente nella campagna canadese per la sensibilizzazione verso questa tremenda malattia, contribuendo anche con donazioni molto sostanziose.

Tutto sembra proseguire per il peggio, in quanto DeMar cresce introverso e schivo nei confronti degli altri, diffidente verso qualsiasi relazione extra familiare. Questo atteggiamento portò su di lui però tutti gli occhi dei ragazzi a scuola, che iniziarono ad evitarlo, additandolo come strano.

L'unico posto dove nessuno si permetteva di giudicarlo era su di un campo da basket. DeMar lascia ogni pensiero negli spogliatoi, e quando ha la palla in mano sembra finalmente sereno e a suo agio. Papà Frank ebbe un ruolo fondamentale nella sua iscrizione alla squadra di basket della scuola superiore di Compton, consapevole che quella sarebbe stata l'unica valvola di sfogo per il figlio. Con la palla tra le mani DeRozan si rivelerà letale e farà veramente benissimo con la maglia biancoblu, tanto da far vincere alla sua scuola il campionato studentesto da imbattuti.

Ormai si era fatto un nome, tutti lo conoscevano, lui era quelllo che aveva riportato Compton sotto i riflettori per qualcosa che non fosse una sparatoria, le persone lo riconoscevano per strada. Come ben sappiamo, quelle strade non erano propriamente sicure, si rischiava di uscire la mattina e non tornare a casa la sera anche solamente per aver incrociato lo sguardo della persona sbagliata, ed era così per tutti. Per tutti, ma non per lui. La sua fama lo aveva reso intoccabile. Le gang della contea non si sarebbero mai permesse di sfiorare il loro beniamino, e anzi, quasi lo scrutavano.

 "La pallacanestro là è davvero una cosa importante, specialmente in un posto come Compton. Tutti mi portavano rispetto, diciamo. Avere la loro protezione è stata una grande spinta per poter giocare tranquillo."

Quando poi DeRozan arriverà in NBA, sarà proprio la scuola ad invitarlo di nuovo in città per la cerimonia per il ritiro della sua casacca numero 23. Segno di rispetto per chi ce l'ha fatta ma, come sottolinea volutamente lui, soprattutto fonte di ispirazione per i ragazzi che devono sognare come fece lui, sapendo che niente è impossibile.

Quest'infanzia fortemente burrascosa però non poteva che lasciare strascichi significativi nella vita della guardia dei Raptors. Soldi e fama dovrebbero essere apparentemente la ricetta per la felicità, ma non è sempre così. In questo caso, essendo uno dei migliori giocatori dell'intera NBA e star conosciutissima, nessuno dei due fattori manca, ma DeRozan ha sempre palesato un certo disagio, che ha poi trovato riscontro nelle sue scioccanti dichiarazioni.

"E' vero, ho dei problemi di depressione. C'è la tendenza a pensare che noi siamo supereroi perché andiamo in TV e siamo famosi, ma in realtà abbiamo le stesse debolezze di chiunque altro"

Già, il numero dieci di Toronto soffre di depressione e ha bisogno di antidepressivi per poter performare al meglio in campo. Racconta di incubi terribili la notte riguardanti la sua infanzia e, alle volte, anche attacchi di panico. DeRozan sarà il primo giocatore ad esporre questa problematica difronte alle telecamere, e darà il via ad una serie di rivelazioni, tra cui anche Kevin Love, di giocatori con problemi legati alla depressione.

Adesso però rimbomba forte il suono della sirena nel palazzetto che decreta la fine del timeout. La sfuriata di Kidd sembra dare i suoi frutti, in quanto i suoi riprendono subito la partita in mano e passano anche a condurre per gran parte del match. Bledsoe e Antetokounmpo trascinano i Bucks con 29 e 26 punti, ma DeRozan è in serata di grazia ed i suoi 41 punti portano la gara all'overtime. Dopo il tempo supplementare saranno proprio i Raptors a spuntarla, grazie ad una gara strepitosa del numero 10 che segnerà ben 52 punti, stracciando il precedente record assoluto della franchigia canadese.Lui non sembra molto entusiasta, in particolare sono i compagni a portarlo in trionfo.

Durante le interviste postgara negli spogliatoi, Valanciunas irrompe davanti alle telecamere mostrando scherzosamente un foglietto con su scritto '52' come fu fatto nella storica gara di Wilt Chamberlain, riuscendo a strappare un sorriso imbarazzato e sincero a DeMar DeRozan che ringrazia il compagno e prosegue l'intervista. Vabbè, è Il massimo che si possa ottenere.

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