Gli americani usano un’espressione con cui si potrebbe certamente etichettare quella che è stata l’ultima stagione di John Wall. Making the leap, ovvero: fare quel salto di qualità, salire definitivamemte quel gradino che possa renderti una vera All-Star. Perché in fondo diciamocelo: fino ad un anno fa John Wall era considerato da tutti come un grande atleta, un ottimo scorer, ma non come un giocatore franchigia capace di trascinare la propria squadra attraverso tutti i playoffs (e stagione compresa) fino a farla (quasi) approdare alle Eastern Conference Finals.
La prima scelta al draft 2010 ha infatti compiuto una stagione impeccabile sia dal punto di vista mentale che, soprattutto, fisico. Il quasi ventisettenne ex Kentucky, nella stagione precedente ha viaggiato a 23.1 punti, 2 palle rubate, 4.2 rimbalzi e 10.7 assist in 36 minuti di media, migliorando le percentuali realizzative e difensive.
Wall ha successivamente innalzato il suo livello di gioco nei playoff, in cui ha compiuto doppio-doppie in quantità esorbitante. Il tiro in gara-6 contro Boston, il 12 maggio scorso, ha inoltre evidenziato quella crescita mentale in cui Wall si era mostrato così carente nelle stagioni precedenti.
Il miglioramento di Wall è anche dovuto a 2 principali fattori: la guarigione definitiva dalla calcificazione che si era formata nel suo ginocchio e la presenza di uno straordinario teammate, ovvero Bradley Beal, il quale nei momenti di difficoltà riesce sempre ad aiutare egregiamente la squadra. Ora Wall ha appena firmato un’estensione di contratto di 170 milioni di dollari in 4 anni, che lo porterà a guadagnare 203 milioni fino al 2023.
A Washington vogliono far rimanere questo gruppo intatto (l’offerta massima pareggiata per Porter ne è un palese esempio) proprio perché la speranza è quella di vedere un gruppo fare il definitivo salto di qualità, oltre a quello individuale di Wall e Beal. Salto che potrebbe portarli, con qualche innesto e miglioramento, ad aggiudicarsi un biglietto per le NBA Finals.