Un titolo NBA nel 2014 coi San Antonio Spurs, il premio di giocatore più migliorato nel 2006 e in mezzo l’Oro con la Francia agli Europei 2013, la stessa competizione che in questi giorni lo sta vedendo impegnato per la prima fase ad Helsinki: la carriera da giocatore di basket professionista di Boris Diaw ha sempre avuto una dimensione bi-continentale, due sole e uniche scenografie (quella americana e quella francese) a far da sfondo a 18 lunghe stagioni trascorse calcando i più importanti parquet d’Europa e degli States.
L’ultima ha visto il 35enne nativo di Cormeilles-en-Parisis lottare fino alle semifinali di conference (conclusesi poi con un 4-0 in favore dei futuri campioni NBA dei Golden State Warriors) con la maglia degli Utah Jazz, franchigia che nel luglio scorso ha deciso di non rinnovare il contratto a Diaw dopo un solo anno di permanenza del francese a Salt Lake City, alzando così un grosso punto interrogativo sul prosieguo della sua carriera.
Nell’annata appena trascorsa (la sedicesima oltreoceano) Diaw, cifre alla mano, ha sì effettivamente avuto impatto minore rispetto al passato (17,6 minuti i minuti medi di impiego, career low come i 2,2 rimbalzi presi a partita e gli 0,2 recuperi) ma ha comunque fatto valere la sua esperienza e fatto la sua parte, in campo come soprattutto in spogliatoio, aiutando in maniera sostanziale la squadra di coach Snyder prima a raggiungere e poi a tagliare il traguardo del primo turno di playoff (4-3 sui Clippers).
Quello che Diaw ancora oggi può dare a livello di carisma e serenità fuori dal campo e di piccole cose sui 28 metri non si discute e questo in molti, da entrambi le parti dell’Oceano, lo sanno. Resta da vedere però chi ancora abbia voglia, soprattutto in The League, di investire su un giocatore che nonostante i 35 minuti di utilizzo nella prima gara di Eurobasket 2017 contro la Finlandia (record fra i giocatori del ct Collet nel match perso contro gli scandinavi) fa e farà inevitabilmente più fatica a sostenere i ritmi e la fisicità sempre più esasperati della pallacanestro d’oltreoceano.
Ecco che allora, invece, potrebbe tornare d’attualità un ritorno di Diaw alle origini, un nuovo sbarco in Europa dove il francese con molta probabilità consumerebbe gli ultimi istanti e le ultime tappe della propria lunga e decorata carriera, chiudendo così perfettamente quel cerchio cominciato nel 2001 ai piedi dei Pirenei con il Pau-Orthez.
Il giocatore ad ogni modo, attraverso la stampa francese, ha lasciato intendere di rimanere tuttora fiducioso sul fatto che prima o poi una chiamata dagli Stati Uniti arrivi, ma, visto che al momento non ha alcun tipo di certezza di tornare dall’altra parte dell’Atlantico, ha lasciato aperta anche la possibilità di percorrere il viale del tramonto nel Vecchio Continente.
La discriminante in tutto ciò potrebbe veramente essere la rassegna europea che ha appena preso il via, nella quale un buon risultato della Francia, unito ovviamente a prestazioni di un certo tipo da parte della 21esima scelta assoluta del draft 2003, potrebbe convincere più di un generale manager NBA ad alzare la cornetta e a fare il numero di “Captain Babac”, rimandando in questa maniera il ritorno a casa di uno dei soli quattro giocatori francesi della storia ad esser riusciti ad alzare il Larry O’Brien Trophy.