Quasi tutti i grandi campioni della NBA prima di arrivare al successo, prima di  sollevare il tanto agognato Larry O’Brien Trophy hanno subito dolorose sconfitte. Quest’ultime sono servite per diventare più duri, più determinati perché è dai fallimenti e dagli errori fatti in passato che spesso nascono le grandi vittorie.
Non fa eccezione Shaquille O’Neal che prima di dominare la Lega ha dovuto superare diversi ostacoli che si sono frapposti fra lui e l’anello.

Inizia la carriera ad Orlando che lo sceglie come prima chiamata al draft del 1992 e vince il premio di rookie dell’anno facendo immediatamente intravedere le sue enormi potenzialità. Nel 1995 gioca la sua prima finale NBA, ma nonostante il vantaggio del fattore campo Houston è troppo forte come lo 0-4 finale testimonia ampiamente.

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Nonostante i 29.4 punti di media nelle quattro partite delle Finals O’Neal perde il duello diretto con il centro Nigeriano Hakeem Olajuwon e nel post partita mentre i tifosi di Houston festeggiano il secondo titolo consecutivo, Shaq è solo nel pullman della squadra e piange promettendo a se stesso che quella sarebbe stata l’ultima sconfitta della sua carriera. Non sarà così. L’anno dopo i Magic vennero spazzati via 4-0 dai Bulls di MJ che si appresta a vincere il primo titolo del secondo 3-peat.

Nel 1996 da free agent si accasa ai Lakers perché Los Angeles è sempre Los Angeles e Shaq non vede l’ora di giocare nella stessa squadra del suo idolo Magic Jonhson. Ma nonostante l’arrivo dal draft via Charlotte di un’altra giovane stella come Kobe Bryant la squadra non riesce mai ad arrivare alle Finals e viene eliminata prima dai Jazz di Stockton e Malone e poi dai San Antonio Spurs di Duncan e Robinson.

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L’estate del 1999 segna la svolta. Dopo lo 0-4 subito nei playoff dai futuri campioni NBA di San Antonio, Shaq entra nell’ufficio di Jerry West minacciando di lasciare la franchigia se non si fossero seguite le sue direttive. In sostanza fece due nomi: Phil Jackson o Chuck Daly. L’allora G.M. West era molto dubbioso perché Daly era demotivato e stanco di allenare mentre Jackson nonostante il successo con i Bulls non si era certo attirato simpatie e consensi.

Nessuno sa se O’Neal avrebbe davvero lasciato i Lakers, ma nel dubbio West lo accontentò e seppur, almeno inizialmente, contro voglia decise di chiamare l’ex allenatore del Bulls. Fu ascoltato al riguardo anche il parere di Kobe Bryant che si mostrò entusiasta all’idea di essere allenato da colui che aveva tirato fuori il meglio da Michael Jordan.

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Jackson diventa così allenatore dei Lakers ed al primo allenamento prende da parte Shaq e gli dice che da lui vuole una stagione da MVP. Sarà così. Infatti viene nominato quasi all’unanimità miglior giocatore della stagione 1999/2000 che i Lakers chiusero con 67 vittorie (primi nella Lega), quasi perchè votarono tutti per lui tranne un voto che andò al futuro MVP della stagione successiva Allen Iverson.

Ai playoff i Lakers eliminarono 3-2 Sacramento, 4-1 Phoenix e 4-3 Portland in una serie memorabile. Si arriva alle Finals dove li aspettano gli Indiana Pacers di Reggie Miller vincitrici della Eastern Conference dopo aver eliminato 3-2 Milwaukee, 4-2 Philadelphia e 4-2 New York. I Lakers sono favoriti perché questo Shaq è immarcabile e non si vede quale dei centri a disposizione di Larry Bird coach di Indiana possa solo limitarlo.

In quintetto per coach Bird parte Rik Smits, centrone Olandese alto 2.20, ma nulla può fare contro la strapotenza fisica di Shaq che unita ad una tecnica sopraffina per uno della sua stazza abusa come e quando vuole dell’Olandese. Bird allora chiamò dalla panchina prima il giovane Bender e poi il veterano Dale Davis, ma ben presto si rese conto che l’unico modo per limitarlo era mandarlo in lunetta ogni volta che riceveva il pallone in post basso.

Sports-Illustrated[1]

Difatti O’Neal realizzerà il record di tiri liberi tentati per una finale NBA perché mandarlo in lunetta era l’unico modo che avessero per limitarlo ma questo testimonia la sua grandezza ed il suo dominio sugli avversari. O’Neal tentò 93 tiri liberi durante quelle sei partite, più del doppio dei tentativi degli altri giocatori delle due squadre messi insieme, e tenne una percentuale del 38,7%.

La strategia era chiara, l’unico punto debole erano i tiri liberi ma nonostante la bassa percentuale che ebbe nella serie i Lakers e Shaq dominarono lo stesso. I primi due episodi furono di marca Lakers, gara 3 è dei Pacers e si arriva alla decisiva gara 4. Paradossalmente LA la vinse con Shaq in panchina per aver commesso sei falli e nel supplementare prese il palcoscenico Bryant che realizzò i tiri decisivi per portare i Lakers sul 3-1.

Dopo aver perso gara 5 di 33 punti, LA chiuderà la serie in casa vincendo 116-111 una soffertissima gara 6. Senza O’Neal non sarebbero andati da nessuna parte, ma il basket è uno sport di squadra ed è giusto menzionare anche gli altri che contribuirono alla vittoria dell’anello. Bryant, Fisher, Rice, Harper, Horry, Fox e Shaw furono un degno supporting cast dell’MVP.

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Shaq giocò una finale irreale, mai vista prima e mai vista dopo. Le sue medie parlarono chiaro: 38 punti, 16.7 rimbalzi e 2.7 stoppate. No, nemmeno MJ ha mai giocato una finale così, nemmeno il più grande giocatore di tutti i tempi è stato capace di dominare in questo modo una finale NBA come fece O’Neal quell’anno.

Il titolo del 2000 fu il primo dell’era Shaq-Kobe-Jackson e ne seguirono altri due prima che l’ego delle due superstar venisse fuori a dismisura. Il 2001 i Lakers superarono un altro record, infatti furono la squadra che perse meno partite nella corsa al titolo, una sola. Eliminarono 3-0 Portland, 4-0 Sacramento e San Antonio e 4-1 in finale i Sixers di Iverson che giocò una incredibile partita con 48 punti per espugnare lo Staples Center.

Dopo il titolo del 2002 qualcosa cambiò e dopo la sconfitta 4-1 nelle Finals del 2004 contro i Detroit Pistons O’Neal fu ceduto ai Miami Heat dove vinse il titolo del 2006 a fianco di Wade. Bryant ottenne quello che voleva, ovvero essere la stella numero uno della squadra. Il rimpianto per i tifosi dei Lakers è che senza liti interne su chi dovesse essere il primo violino forse Los Angeles sponda giallo viola ora avrebbe qualche titolo in più.