Quando la tua fama ti precede difficilmente riuscirai a sovvertire la percezione che gli altri hanno di te, specie se quella fama cela al suo interno una natura cattiva, quasi di dannazione. Questi, grosso modo, devono essere stati i pensieri che hanno avvolto la testa di Michael Beasley nel corso degli ultimi anni, pensieri che l’ala ex Miami Heat e Milwaukee Bucks ha recentemente fatto riaffiorare con alcune sue esternazioni:
“La gente ha delle sensazioni sbagliate di me. Dal punto di vista del talento sono allo stesso livello di LeBron James e Kevin Durant. Sono al livello dei migliori giocatori della Lega. Non sto facendo lo spaccone, è che semplicemente mi sono sempre sentito così.
Ho avuto problemi appena approdato in NBA e questo ha fatto in modo che molti si facessero delle idee sbagliate su di me. Non ritengo di aver avuto mai una vera possibilità, se guardate il passato vi accorgerete che non ho mai giocato più di 24 o 25 minuti di media nella mia carriera.”
Di certo a Michael Beasley, fresco di un contratto annuale al minimo salariale con i New York Knicks, non manca la giusta autostima per giocare tra i pro, anche se nelle sue dichiarazioni c’è qualche vuoto di sceneggiatura. Nel suo secondo e terzo anno NBA, infatti, Erik Spoelstra gli diede fiducia rispettivamente con 29.8 e 32.3 minuti di media. Nonostante gli appannati ricordi, va però detto che quelle due chance furono tutto sommato ben ripagate da B-Easy, specie al suo terzo anno NBA, quando chiuse con numeri più che promettenti: 19.2 punti, 5.6 rimbalzi, 2.2 assist, con 45.0% dal campo e il 36.6% dalla lunga distanza.
In fondo è risaputo che il problema di Michael Beasley non è mai stato di natura tecnica, essendo da sempre uno scorer sopraffino in grado di trovare il fondo della retina in qualunque situazione. Piuttosto i suoi problemi, quelli a cui lo stesso giocatore da Kansas fa velatamente riferimento nelle sue dichiarazioni, sono stati di natura personale, avendo sofferto di problemi di droga e depressione.
D’altronde il fato può dotarti del più tremendo dei talenti, ma non necessariamente può ripagarti con la stessa dose di carattere. E di talento Michael ne ha ricevuto in quantità industriali, come dimostrano i suoi numeri al primo anno di college a Kansas, quando era un giocatore da 26.2 punti, 12.4 rimbalzi, con il 53.2% dal campo e il 37.9% dalla lunga distanza. Purtroppo per lui, però, non è stato ripagato con la stessa moneta sotto il profilo caratteriale, e così, una volta approdato a 19 anni in NBA con la seconda chiamata assoluta del draft 2008, non ha saputo reggere alla pressione mediatica e al successo.
Solo il futuro ci dirà se Michael Beasley sarà realmente in grado di redimersi, se sarà finalmente in grado di vincere la sua ennesima seconda occasione, questa volta all’ombra della Grande Mela. Ma guardando in faccia la realtà, nessuno ad oggi è in grado di garantire per Michael Beasley, nessuno compreso forse anche se stesso. Come augurio per la nuova stagione verrebbe perciò da citare Samuel Beckett:
“Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Fallisci ancora. Fallisci meglio.”